Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Giovanni, l’anziano, nella sua prima lettera al capitolo 2, classifica i suoi lettori e ascoltatori in tre gruppi: figlioli, padri, giovani. A ogni gruppo si rivolge due volte. Non entriamo qui nel dibattito se si stia parlando di età fisica o spirituale. Prendiamo il versetto 14. Ai figlioli (altri traducono paidion con ragazzi o bambini) scrive: “Avete conosciuto il Padre” (Dio). Ai padri (pater) scrive: “Avete conosciuto colui che è dal principio”. Partendo da questo testo e ragionando in termini pedagogici, possiamo dire che uno dei problemi dei giovani d’oggi è che non conoscono i loro padri (genitori) e i padri non conoscono Dio, né i loro ragazzi. Finché i padri non faranno un’esperienza vera della conoscenza di Dio, i ragazzi non conosceranno i loro padri.


Visitando la Roma Antica si rimane colpiti dai tanti monumenti e resti giunti fino a noi. Numerose sono le statue scolpite su marmo che ritraggono imperatori, filosofi, divinità. Osservandole viene da chiedersi perché gi artisti abbiano dedicato tanto tempo a realizzare il di dietro della statua sapendo che nessuno mai (se non pochi) l’avrebbe ammirata. Questo fatto ci dice l’impegno che l’artista mette nello scolpire il marmo e realizzare un’opera. Oggi i genitori non sono interessati né coinvolti nell’educazione spirituale dei figli. Ai ragazzi s’insegna di tutto, c’è molta attenzione per le scelte secondarie (sport, hobby), ma niente si dice sui comportamenti di una vita etica e sulla conoscenza di Dio. Nessun ragazzo diventerà mai adulto senza la presenza e l’impegno educativo degli adulti. I ragazzi hanno bisogno di essere accompagnati dai genitori nelle scelte della vita: lasciati a se stessi, inesperti del mondo, ignari delle macchinazioni di satana, diventeranno preda di gente malvagia e senza scrupoli, subiranno fallimenti e sconfitte, avranno ferite e delusioni amare. Come possono i ragazzi dire “parla, Signore, perché il tuo servo ascolta” (1 Samuele 3), se non ci sono persone come il sacerdote Eli che li istruiscono a riconoscere la voce di Dio?


Gesù, parlando ai suoi apostoli e discepoli, li istruisce per la missione che essi devono compiere nel mondo. Secondo il vangelo di Matteo, che più si sofferma con dovizia di particolari sulla missione, tra le istruzioni, c’è anche questa: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (10,8). Queste parole ci pongono di fronte al dovere della restituzione, alla responsabilità di trasmettere ciò che dal Signore abbiamo ricevuto fin dal principio. La responsabilità dei padri non è soltanto quella di mettere al mondo dei figli, e renderli orfani prima del tempo, quando i genitori sono ancora in vita. I ragazzi chiedono di essere seguiti nelle scelte della vita. Chiedono ascolto, amorevole e gratuito. Chiedono accompagnamento. E non c’è accompagnamento senza conoscenza dei figli. Uno dei virus del nostro tempo è la mancanza di tempo: non si ha più tempo nemmeno per i propri ragazzi. Tutti corrono, nessuno cammina. Siamo appiattiti sulla velocità, sulla fretta, tanto che si è reso necessario coniare un nuovo termine: “rapidazione”. Le famiglie sono costituite di tanti singoli o solitari interconnessi: connessi con il mondo del web, ma distanti ed estranei gli uni dagli altri. I ragazzi non guardano più al passato, il futuro gli è stato tolto, perciò vivono nel presente, un presente che diventa “presentismo” (neologismo). I padri devono aiutare i figliuoli a ritrovare i ritmi della vita e a recuperare il rapporto con il tempo lineare; devono tornare ad essere appassionati della vita per appassionare e lasciarsi appassionare da loro. Dobbiamo amare la vita dei giovani e le cose che fanno, perché essi amino le cose che noi amiamo e facciamo. Dobbiamo dare loro fiducia, credere nelle loro possibilità e ciò che fanno con impegno responsabile. Dobbiamo mostrare loro la gioia, quella che dilata il cuore, e l’entusiasmo di conoscere il Dio che dona la vita in abbondanza e riproporre loro gli insegnamenti del Vangelo con le parole e il modo di Gesù.


Il bicchiere di plastica, che si usa e si getta, è diventato il simbolo di una società dove tutto ormai è provvisorio e precario. Non esiste più la verità, esistono le opinioni: la mia vale quanto la tua. Non ci sono valori da vivere o un’etica che chiama alla responsabilità. Non c’è più il posto fisso: non c’è più un modello di vita da seguire, tutto si decide sul momento. Questa cultura del frammento, priva d’impegno, progettualità, eticità, responsabilità, confonde i ragazzi e li fa cadere in scelte sbagliate. Il Salmo 119 (versetti 9 e 10) si domanda: “Come renderà il giovane la sua vita pura?”. La risposta si articola in tre punti: parola, cuore, comandamento. Primo: badando ad essa con la parola di Dio. Secondo: cercando Dio con tutto il cuore. Terzo: osservando i comandamenti.

Paolo Mirabelli

24 settembre 2018

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.