Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Nella scena rievocata in questo brano ci troviamo agli inizi del regno di Salomone, quando ancora non si ha nessun indizio della perversione che, secondo il racconto biblico successivo, caratterizzerà il resto della sua vita (capitolo 11). Qui il giovane re ci viene presentato come un modello di uomo saggio, che chiede come supremo dono da Dio il giusto discernimento per poter governare bene il suo popolo. La saggezza di Salomone, caratterizzata altrove anche per una vasta conoscenza di carattere enciclopedico (4,29-34), diventata proverbiale, viene qui qualificata come capacità di comprendere i propri limiti e, nello stesso tempo, di sentire la necessità dell’aiuto del Signore per “distinguere il bene dal male”. Ciò è possibile soltanto col dono di un cuore umile e ubbidiente: letteralmente in ebraico “un cuore che ascolta”, definito poi come “un cuore saggio e intelligente” (3,12). È interessante notare come la sapienza preferita e richiesta in questa preghiera da Salomone sia contrapposta agli altri beni di carattere più mondano o materiale, che pure sono considerati importanti nell’Antico Testamento: lunga vita, ricchezza, gloria e, specialmente per un re, la morte dei nemici. Proprio diverse, rispetto a questo ultimo punto, erano state le raccomandazioni di Davide al figlio prima della sua morte di non lasciare impuniti i nemici che hanno sparso sangue in tempo di pace (2,5-9). Delle raccomandazioni queste che possono lasciare disorientato il lettore, se non lette e comprese bene nel contesto biblico, non solo per il contenuto ma perché provengono da un grande uomo di Dio. Va ricordato che Davide, nel suo discorso di commiato, esorta suo figlio Salomone a osservare la legge di Mosè, riguardo alla quale non era stato detto più nulla sin dai tempi di Giosuè (2,1-4). Come dire: la Torah di Mosè deve guidare l’esercizio del potere in Israele, solo così il re governerà il popolo nel modo giusto, come piace a Dio. E Salomone, finche si è posto alla sequela e nel solco della legge di Dio, osservando la Torah, camminando secondo i suoi statuti e precetti, è stato un buon re, saggio e intelligente. Il discorso di Davide al figlio Salomone termina con l’invito ad agire con saggezza (2,6.9).


La scena cambia nel capitolo 3, dopo la morte di Davide. Il giovane re viene presentato come uno che “amava il Signore e seguiva i precetti di Davide suo padre” (3,3). Un giorno Salomone si reca a Gabaon per offrire dei sacrifici (a Dio). All’offerta di Salomone fa seguito la promessa di Dio fatta nel sogno (le rivelazioni di Dio in sogno non erano insolite nell’antico Israele). Durante la notte, Dio appare in sogno a Salomone e gli promette di concedere tutto ciò che desidera. Viene quasi da pensare, scherzosamente ma non tanto, che al Signore piace esporsi e scommettere sull’uomo, ogni tanto. Non accade tutti i giorni che Dio dica a qualcuno: “Chiedimi qualunque cosa, e io te la darò” (3,5). Ma procediamo con ordine: prima una parola di commento al testo e poi una breve riflessione sulla sapienza o saggezza nella nostra vita e nel nostro cammino di fede.


Il primo incontro tra Dio e Salomone avviene a Gabaon (“città del colle”), vicino a Gerusalemme, nel territorio di Beniamino. Gabaon è un luogo della memoria per la storia biblica: il luogo dove fu eretto il tabernacolo fino alla costruzione del tempio di Salomone; il luogo dove Giosuè sconfisse la coalizione dei cinque re nella terra promessa; il luogo dove Salomone fa il suo sogno straordinario e dove  Dio gli promette di dargli qualunque cosa. Nella risposta a Dio, Salomone riconosce come prima cosa la fedeltà del Signore alla promessa fatta a suo padre Davide, per cui ringrazia il suo Dio per aver ereditato il trono di suo padre (3,6). Poi gli chiede saggezza e discernimento. Dio accoglie la preghiera di Salomone e gli accorda tutto ciò che ha chiesto, ma anche ciò che non ha chiesto: ricchezze e gloria. Queste due ultime cose sono concesse a Salomone in misura tale da renderlo superiore a qualunque altro re sulla terra, suo contemporaneo, prima  e dopo di lui. L’episodio delle due madri che si contendono uno stesso figlio è paradigmatico della sapienza di Salomone e del modo come egli amministra la giustizia con la sapienza di Dio che lo guida (3,12-28).


La sapienza è l’arte di orientarsi nella vita. È l’arte di governare il timone della nave: “L’uomo sapiente terrà saldamente il timone” (secondo un’immagine biblica usata nel libro dei Proverbi nella versione greca dei Settanta). La sapienza, dunque, è l’arte del traghettatore; l’arte di chi governa e di chi istruisce, ma pure l’arte di chi governa se stesso. La sapienza è il dono di Dio di cui oggi, nello smarrimento e nel disorientamento in cui viviamo, abbiamo grande bisogno.

Paolo Mirabelli

18 settembre 2018

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.