Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

L’etica è l’insieme delle regole di condotta e di giudizio di valore con cui si valuta giusta o sbagliata una determinata azione. È su basi etiche che l’essere umano decide se compiere o evitare un certo atto. Un tempo la teologia partiva da categorie astratte e metafisiche, da speculazioni storiche, e l’etica che ne nasceva appariva avulsa dalla vita della gente, dava l’impressione dell’assente e dell’irreale. Da Cartesio in poi, le scienze e persino la morale procedevano unicamente per via deduttiva: partendo da alcuni principi e postulati, si costruiva un edificio morale universale, senza tener conto dell’esperienza, del contingente. Oggi non è più così. La cultura del nostro tempo ha rotto con la morale tradizionale. Tutto è stato messo in discussione, e la morale ha subito una forte contestazione. Non vi è più una morale, ma esistono differenti morali. Non bisogna più ricercare un’etica per tutti, ma accogliere come valide le differenti morali e giungere all’ideale di avere tante morali quanto sono gli uomini. E in questo quadro che s’inseriscono i “situazionisti” (l’etica della situazione). A parer loro la norma ultima per giudicare se un determinato atto sia moralmente giusto o sbagliato deve essere dedotto da una intuizione interna, da un lume interiore, che indica al singolo come comportarsi nella situazione concreta. Detto in altri termini: sono io che decido che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato. Il mio agire può pure coincidere con quello che deriva da un sistema etico oggettivo, ma sapere se c’è convergenza o divergenza non è la mia preoccupazione. È la mia coscienza che decide tutto. Non esiste una legge superiore alla quale ubbidire. Il dettame della coscienza non è partecipazione del precetto divino, ma fonte autonoma di moralità. La coscienza così non è solo norma prossima, ma è norma unica e ultima dell’agire umano. Un’immagine può illustrare il paradigma, la mentalità. L’etica del passato viene paragonata ai binari del treno o alle strade su cui si muovono le automobili: ti puoi fermare o ripartire, ma non puoi andare fuori strada. Oggi l’uomo si muove come un piccolo aeroplano nello spazio del cielo: deve solo tener conto del traffico aereo, per il resto è libero di muoversi dove vuole.


Che dire? Possiamo, come cristiani, accogliere un’etica che tenga conto soltanto della coscienza umana, non governata dalla Parola di Dio? Il tema è assai importante e suscettibile di discussioni, per le sue implicazioni nella vita del cristiano e della comunità di fede. In quest’articolo mi limito a fare alcune osservazioni critiche alla “vecchia morale” e alla “nuova etica”. L’attenzione al soggetto è indubbiamente un dato positivo. Il vissuto della persona non può essere disconosciuto quando si parla di questioni etiche. La psicologia e la sociologia hanno messo in evidenza le differenze tra le persone, popoli e culture. La pedagogia ha rilevato quanto sia complessa la personalità dell’uomo. La Bibbia, in certi casi, parte da situazioni concrete, del singolo o della comunità, e poi dà delle istruzioni sul da farsi. Perciò calare per via deduttiva un qualunque sistema etico su una persona non può funzionare, tanto più se si tratta di norme astratte e metafisiche, derivate dalla filosofia aristotelica e tomistica. Tutt’altra cosa è l’insegnamento della Bibbia, con i suoi principi di vita. Gesù, nei vangeli, censura scribi e farisei perché caricano la gente di pesi gravi, che nemmeno loro riescono a portare. La vecchia morale era così. Non è dai comportamenti e dalle norme etiche che bisogna partire, ma dalla sequela e conversione della persona. Soltanto un cuore convertito, potenziato dallo Spirito Santo e dalla preghiera, può capire e vivere gli insegnamenti di Gesù e del Vangelo. La nuova proposta etica richiama alla mente il comportamento degli ebrei, quando ancora non c’era re in Israele: ognuno faceva ciò che gli pareva meglio (Giudici 17,6). Fare ciò che ci pare non corrisponde al bene della persona. Non soltanto perché il fare di uno si scontra con il fare di qualcun altro (le situazioni personali spesso coincidono con le situazioni comuni), ma soprattutto perché, secondo la Bibbia, nemmeno l’uomo sa che cosa sia bene per lui. Il profeta Geremia dice che il cuore dell’uomo è ingannevole (e maligno) più di qualunque altra cosa (17,9), motivo per cui non bisogna fidarsi del proprio io. L’uomo senza la guida della Bibbia vola sì nello spazio del cielo ma finisce per scontrasi con gli aerei di linea o va a cadere per mancanza di carburante. Il pilota ha bisogno di essere guidato dalla torre di controllo, che gli dà le istruzioni da seguire, sia quando si trova nella nebbia sia nelle giornate di sole. Fuori di metafora: Gesù è venuto a dare all’uomo la vita esuberante, piena d’amore, perciò lui sa cosa è bene o male per noi.

Paolo Mirabelli

13 settembre 2018

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.