Bibbiaoggi
Gesù Cristo, la Bibbia, i Cristiani, la Chiesa

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Fungere da sentinella (compito del profeta), avvertendo con saggezza e fermezza circa i pericoli di determinati comportamenti, non è un compito tra i più gratificanti nell’ambito della predicazione. Lo sanno bene i profeti dell’antichità come pure i predicatori di oggi. Non si può negare, però, che anche questo rappresenti un vero servizio d’amore a vantaggio di un’umanità spesso disorientata e confusa. È questo uno degli aspetti su cui il nostro testo ci invita a riflettere, insistendo su alcuni particolari importanti, come vedremo. Ma procediamo con ordine: prima uno sguardo al contesto, ovvero alla profezia nel VII secolo avanti Cristo, e poi una parola di commento al testo.


Al tempo del profeta Sofonia Israele è sconvolto da problemi interni (Manasse, figlio di Ezechia, governa crudelmente per molti anni) a da crisi politiche degli imperi circostanti (Assiria, Babilonia, Egitto). Israele, per la sua posizione geografica, è una terra di passaggio per le potenze di allora e i nemici del tempo. L’Assiria è ormai in decadenza. Neco, re d’Egitto, intende fronteggiare il nuovo impero, Babilonia. A Meghiddo muore Giosia, il re buono d’Israele, che vuole impedire la politica espansionistica dell’Egitto. Una morte tragica la sua, Israele lo piange “come si piange un figlio primogenito” (Zaccaria 12,10). Ioiakim favorisce la vittoria di Babilonia, e Sedecia diventa re.


Sofonia, poco conosciuto nella predicazione delle chiese, è un profeta del VII secolo. Il suo nome (nome teoforo, ovvero portatore del nome di Dio) significa “Il Signore nasconde” (preserva): allude forse a come Dio preserva il suo popolo nelle vicissitudini del tempo. La sua genealogia è nota fino alla quarta generazione: di lui conosciamo il suo trisavolo, a differenza, ad esempio, di Abacuc di cui non sappiamo nemmeno di chi fosse figlio. Se Ezechia è il re di Giuda, allora Sofonia è l’unico profeta conosciuto dell’Antico Testamento a essere di discendenza reale.


La predicazione di Sofonia scaturisce da situazioni concrete della vita e affronta i problemi di ogni giorno. Denuncia il sincretismo religioso del suo tempo e le trasgressioni contro Dio e il prossimo. Annuncia il castigo di Ninive. Attacca l’idolatria, il materialismo, la trascuratezza spirituale. Tutti temi attuali del nostro tempo. I tre capitoli del libro contengono oracoli di giudizio e di condanna ai quali seguono promesse di speranza per i fedeli del Signore. Particolare noto del libro di Sofonia è l’annuncio del giorno del Signore:  giorno di tenebre e di caligine, ma anche purificatore. Il giorno del Signore verrà, è certo, si avvicina, e gli uomini sono ancor in tempo per convertirsi. Ma se non lo fanno ora, se non ascoltano oggi l’invito al ravvedimento, sarà poi troppo tardi farlo quando verrà il giorno del Signore. Lo scopo del giorno del Signore è “l’invito a tutti a invocare, con labbra pure, il nome del Signore, per servirlo di comune accordo” (3,9). Sofonia inizia i suoi oracoli non con la ben nota formula dell’inviato, “così dice il Signore”, anche se per due volte usa l’inciso “oracolo del Signore”. La parola profetica prescinde da qualunque presentazione e irrompe nel tempo e nello spazio piena di energie, facendosi strada da sé perché è parola di Dio. In compenso il libro si chiude con la frase “dice il Signore” (3,20): non v’è, dunque, alcun dubbio che il messaggio di Sofonia, gli oracoli e le promesse di speranza provengono da Dio.


Il nostro testo è un invito a cercare il Signore. Gli imperativi che lo strutturano sono: raccoglietevi, rientrati in voi stessi (2,1-2); cercate il Signore, cercate la giustizia (2,3). Bisogna che tutti assieme cerchino il Signore prima che (ripetuto per ben tre volte) sia troppo tardi. Le parole del profeta nascono da un preciso contesto: un lungo periodo di dominazione straniera, che ha introdotto in Israele culti idolatrici e tentato di legittimare l’ingiustizia e l’immoralità. Il popolo è invitato ora a mettersi alla ricerca di Dio. Non si tratta solo di andare a pregare nel tempio, ma di cercarlo nella vita concreta di ogni giorno, con umiltà e con una condotta conforme alla legge divina. L’invito a cercare con umiltà significa farsi piccoli davanti a Dio, riconoscendo la propria povertà. L’essere umile, piccolo e povero di spirito è un atteggiamento che piace a Dio. Tutti coloro che sono superbi e vanagloriosi non reggeranno nel giorno del Signore. Resterà in piedi solo il nuovo popolo di Dio: coloro che confidano nel Signore, che non sarà più un resto disprezzato dagli altri popoli. Il testo si conclude in un modo che “faceva piangere certi rabbini”: Forse (in ebraico ’ulay, come in Amos 5,14-15) sarete messi al sicuro in quel giorno. Non c’è nessun automatismo tra l’azione umana e il perdono divino. La misericordia di Dio è pur sempre un dono non meritato e non dovuto.

Paolo Mirabelli

10 settembre 2018

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Non basta possedere la Bibbia: bisogna leggerla. Non basta leggere la Bibbia: bisogna comprenderla. Non basta comprendere la Bibbia: bisogna viverla.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3,16-17). “Anima mia, trova riposo in Dio solo, poiché da lui proviene la mia speranza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio rifugio; io non potrò vacillare.” (Salmo 62,5-6).

Trova il tempo per pensare; trova il tempo per dare; trova il tempo per amare; trova il tempo per essere felice. La vita è troppo breve per essere sprecata. Trova il tempo per credere; trova il tempo per pregare; trova il tempo per leggere la Bibbia. Trova il tempo per Dio; trova il tempo per essere un discepolo di Gesù.